SALA 4 Opere Non Realizzate: La Committenza

 

“Personalmente credo che il ruolo del curatore vada sicuramente ridimensionato, soprattutto se si pensa all’egocentrismo con cui sono state pensate alcune delle grandi mostre che hanno caratterizzato gli ultimi anni”. Roberto Pinto

 

Una delle sale più ampie della mostra è dedicata ai numerosi progetti rifiutati da istituzioni e operatori del settore conservate in MoRE. Per l’occasione abbiamo selezionato una casistica che comprende soggetti pubblici (il museo e l’amministrazione comunale attraverso bando di concorso o più raramente la committenza diretta) e privati. A questo si aggiunge una riflessione sul ruolo e sulla figura del curatore.

- IL MUSEO

Il caso raccontato in questa occasione è quello di Regina José Galindo, che, invitata a partecipare ad una rassegna di performance al museo MADRE di Napoli (Corpus. Arte in azione, 7-26 giugno 2010) propone un’azione, Coraza (2010) legata ad un “esercizio” praticato dalla Camorra per allenarsi a sparare ad un uomo posto a poca distanza dal suo assassino progettando una performance in cui un uomo avrebbe dovuto effettivamente spararle. Pur essendo previsto l’uso di un giubbotto antiproiettile, la performance non viene accettata dal museo che la ritenne troppo pericolosa e optò per la seconda proposta dell’artista, l’azione intitolata Caparazón (2010).

Il dibattito contemporaneo è del resto denso di casi eclatanti in cui l’istituzione o i curatori museali hanno optato per scelte diverse da quelle proposte e immaginate dall’artista. Un caso diverso per motivazione e ideologia che è stato recentemente dibattuto è quello della vera e propria censura di Blu presso il MOCA di Los Angeles, che insinua inoltre il dubbio sul confine tra ciò che è o non è realizzato: il muro di Blu, dipinto, fotografato e cancellato dopo 24 ore quando Jeffrey Deitch lo vede per la prima volta, è da considerarsi un’opera non realizzata in quanto poi non presente nella mostra degli street artist nella città degli angeli o deve essere considerata realizzata, perchè comunque dipinta, comunicata e vista da migliaia di persone grazie alla documentazione diffusa via web?

- L’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E IL BANDO DI CONCORSO

Una delle forme più tradizionali di committenza da parte del pubblico è il bando di concorso. Nell’archivio convivono diverse opere non selezionate e non vincitrici che sono state presentate a bandi come Arciteatro (2000) di Grazia Varisco, Fourth Plinth Proposals (2008) di Jeremy Deller o Il fiore e la pietra (2002) di Debora Hirsch. Quest’ultimo progetto pare particolarmente indicativo della situazione italiana contemporanea: ideata per partecipare a un concorso, l’opera non venne mai realizzata, come nessuno degli altri progetti proposti in quella occasione, a causa della mancanza di fondi.

- LA GALLERIA E L’ENTE PRIVATO

Diverso il ragionamento per le decisioni e le logiche che regolano la committenza privata. Presentiamo in questa mostra due progetti che sono stati rifiutati e quindi non realizzati.

Il primo, Inviti (1992), di Cesare Pietroiusti immaginava, dopo avere allestito una (qualsiasi) mostra, una partecipazione all’inaugurazione di un gruppo di prostitute pagate per la loro “prestazione” di presenza. La galleria privata romana in cui doveva svolgersi l’insolita performance cancella l’evento a pochi giorni dall’inaugurazione spinta probabilmente da logiche connesse non tanto a questioni etiche quanto a scelte di comprensibilità, gradevolezza della proposta al proprio pubblico e vendibilità delle opere stesse.

Logiche di apprezzamento estetico crediamo abbiano determinato anche il rifiuto di un’altra opera conservata in MoRE, Scala (2009) di Valerio Berruti, progetto commissionato da una banca e poi non realizzato che consisteva in un affresco realizzato lungo la scala del palazzo sede dell’istituto di credito.

Una riflessione sul ruolo e sul potere del curatore oggi è avanzata in MoRE da Roberto Pinto, curatore della mostra Salon des Refusés (29 marzo – 25 maggio 2003, Palazzetto Tito – Fondazione Bevilacqua La Masa , Venezia) che presentava progetti di arte pubblica non realizzati di: Maria Thereza Alves, Minerva Cuevas, Carlos Garaicoa, Alberto Garutti, Kendell Geers, Eva Marisaldi, Callum Morton, Antoni Muntadas, Jorge Orta, Lucy Orta, Nedko Solakov, Bert Theis, Sislej Xhafa.

Accostandosi alla riflessione di uno degli artisti invitati, Kendell Geers, Pinto indica nel potere del curatore uno dei problemi del sistema dell’arte contemporanea e arriva a presentare in mostra un progetto da lui stesso rifiutato, quello di Bert Theis nell’ambito della mostra “Subway”: “Il suo lavoro affrontava il problema della proprietà del tempo: ciascuno di noi, infatti, è in qualche modo imprigionato in un sistema asservito alla produzione. Voler fermare la funzionalità della metropolitana per offrire un caffè (costruendo un momento ludico-sociale) a tutti i passeggeri è un magnifico progetto che può far riflettere coloro che ne sono coinvolti proprio sulla necessità di riappropriarsi di esso. Ovviamente, però, la società che gestisce la metropolitana non avrebbe mai accettato una simile proposta (…). E se avesse accettato (…) avremmo rischiato il linciaggio dagli stessi passeggeri la cui priorità era raggiungere nel più breve tempo possibile i propri affari o la propria casa senza dividere un caffè con il proprio vicino o con noi”.

Un secondo fronte è invece quello che coinvolge curatori che negli ultimi anni hanno allestito mostre e avviato ricerche inerenti al tema del non realizzato come il già citato Hans Ulrich Obrist che ha pubblicato nel 1997 Unbuilt Roads: 107 Unrealised Projects, lavora da anni alla sua Agency Of Unrealized Projects con Julia Peyton-Jones, Julieta Aranda, and Anton Vidokle, e ha allestito una selezione – a seguito anche di diversi bandi – di progetti prima presso la galleria e-flux a New York (aprile-maggio 2009) e poi presso la Daadgalerie di Berlino (settembre-ottobre 2012), Filipa Ramos e Antonio Contador con la mostra perfomance allestita a Lisbona nel 2011 Agora não. Not yet e più recentemente il museo all’interno della mostra Between Miracles (CCA, Tbilisi, Georgia) di Elin Wikström e Denis Romanovski con opere di più di 100 artisti georgiani e del nord Europa.

 

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